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Don Cosciotto

Attività: 

Don Cosciotto aveva una quindicina d’anni ed era di costituzione alta e magra. Il viso era scavato e in esso risaltavano gli occhi neri e dall’aria sognante. A causa dei suoi piedi a papera l’andatura era sempre incerta e barcollante. Era appassionato di romanzi cavallereschi e trascorreva le sue giornate a leggere alla Biblioteca Frera. A volte era così preso dalla lettura che si dimenticava di dormire e mangiare e quindi diventava sempre più magro. Si identificò talmente tanto con le storie che stava leggendo che decise di diventare cavaliere per difendere i deboli dai bulli.

Andò in soffitta e trovò dei sacchi molto resistenti con i quali decise di costruirsi l’armatura ed in cortile recuperò il coperchio della spazzatura da usare come scudo. Infine prese lo scolapasta e se lo mise in testa a guisa di elmo. Subito dopo andò in centro a Tradate con la sua bicicletta, che immaginava fosse una moto potente, ed in un negozio di giocattoli si armò con una bella pistola ad acqua ed una spada di gomma.

Ad un tratto un signore molto basso di nome Sancio Panza lo urtò con la sua grande pancia e Don Cosciotto cadde in un vaso di fiori e si sporcò di terra. Prontamente il tracagnotto si scusò, il generoso Don Cosciotto lo perdonò ed i due divennero amici. Decisero di andare in giro insieme l’uno in sella alla sua bicicletta, che chiamò Ronzinante, e l’altro al suo triciclo.

Don Cosciotto, Sancio, i suoi compagni e i professori andarono a festeggiare al Mancia perché finalmente erano arrivate le agognate vacanze di Natale. Sancio ordinò: “Vorrei un cono con stracciatella e pistacchio” e il gelataio glielo preparò. “Ma cos’è quella mini porzione?” urlò Don Cosciotto “Ve lo insegno io come si fa!” Andò dietro il bancone e cominciò a servire i suoi amici con cucchiaiate di gelato così enormi che in breve svuotò tutti i contenitori. Uscì senza pagare nemmeno un centesimo lasciando il gelataio a bocca aperta. Sulla soglia incontrò una bellissima ragazza alta, bionda e con gli occhi azzurri: immediatamente se ne innamorò e decise di soprannominarla Dulcinea da Venegono. Ritornò subito nel bar e decise di farsi investire cavaliere per far colpo su Dulcinea. Il barista, volendo liberarsi al più presto di quel cliente molesto, gli diede un violento schiaffo dietro la nuca e appoggiandogli la baguette sulla spalla lo nominò cavaliere col nome di Don Cosciotto da Tradate.

Don Cosciotto in cerca d’avventure vide al di là di un vetro delle dame ben vestite e sentì una musica soave. In verità le dame erano dei manichini e la musica proveniva da dei chitarristi che si esercitavano per Carnevale. I clienti entrarono nel grande magazzino e incominciarono a scegliere i vestiti toccando le stoffe e le sciarpe. Don Cosciotto sdegnato pensò che i clienti stessero importunando le dame e così sistemò l’armatura e la sella di Ronzinante, prese la rincorsa e urlando: “Alla carica!” sfondò la vetrina. Travolse i clienti, i manichini e con la testa avvolta in una sciarpa uscì dal negozio correndo in cerca di nuove e pazze avventure.

L’indomani al sorgere del sole Don Cosciotto con il suo fidato scudiero Sancio Panza pedalando per le strade di Tradate si trovò davanti alla stazione. Il cavaliere vedendo quell’edificio che a lui sembrava una grotta esclamò: “Sancio, portami la mia lancia perché ora sconfiggeremo il guardiano di quella grotta e i serpenti che vi abitano.” “Quale grotta?” domandò Sancio. “Quella laggiù!” rispose Don Cosciotto. “Per la verità, signore” disse Sancio “quella laggiù è una stazione”. “Ti dico che è una grotta piena di lunghi serpenti” insisteva Don Cosciotto cercando invano di salire sui treni in corsa inseguendoli con la sua bicicletta. Ad una tratto stanco di pedalare perse l’equilibrio e finì sotto un treno fermo infilzandolo col manubrio della bicicletta. Sancio urlò: “Padrone, hai ucciso il serpente! Ma sei tutto sporco di benzina” e lui rispose “Questa non è benzina, è il sangue del serpente. Appena la mia dama, Dulcinea di Venegono, saprà di questo fatto incredibile mi amerà fino alla fine dei nostri giorni.“ Così Don Cosciotto e Sancio Panza ripartirono verso nuove avventure.

Don Cosciotto insieme al suo amico fedele andò al mercato di Tradate sperando di incontrare Dulcinea di Venegono. Vide un signore che comperava dei vestiti ed urlò: “Mascalzone, cosa stai facendo! Non puoi rubare!” Gli saltò addosso fece cadere tutta la bancarella e consegnò i vestiti al venditore che gli urlò di rimando: “Se ti fai rivedere chiamo la polizia e se non te ne vai adesso ti rincorro e ti piglio a bastonate!”. Vide poi degli uccelli e delle tartarughe in gabbia e pensò che il mercante avesse catturato delle creature indifese. Quindi si catapultò sugli animali, li liberò e il proprietario della bancarella s’infuriò e lo inseguì fino allo sfinimento, ma non riuscì a raggiungerlo perché Don Cosciotto era in sella alla sua fedele bici. Così il glorioso cavaliere ritornò a casa credendo di aver compiuto un’eroica impresa.

In una mattina d’inverno Don Cosciotto si svegliò di buon umore, si preparò ed uscì con il suo fidato scudiero Sancio Panza. Salì sulla sua bicicletta, pedalò, pedalò ed arrivò ad una fontana che scambiò per una balena. Pensava di trovarsi in mezzo all’oceano e che le auto fossero squali letali. “Abitanti di questo villaggio” urlò avvicinandosi lentamente alla fontana “siete in pericolo. Questo luogo è pieno di mostri marini ed io li distruggerò”. Sancio tentò invano di fermarlo: “Dove vai? E’ solo una semplice fontana!”. Don Cosciotto gli rispose: “Che vai cianciando? E’ una balena famelica e io lotterò contro di lei! Non capisci nulla di avventure!”. In quell’istante cominciò a correre e tutti gli automobilisti iniziarono ad urlare: “Levati da mezzo alla strada!”, ma lui era troppo concentrato sul suo obiettivo per ascoltarli, giunse fino al parapetto, lo scavalcò e…PATAPUF! Finì dritto nella fontana e si bagnò dalla testa ai piedi. Sancio Panza corse subito a soccorrerlo ma ormai era troppo tardi: Don Cosciotto era così congelato che non riusciva quasi a muoversi. Sancio lo prese in braccio e lo portò all’ospedale. Lì il medico constatata la rottura della caviglia lo ingessò e poi disse: “Dovremmo anche fare delle analisi del sangue per essere certi che vada tutto bene”. Appena vide l’ago Don Cosciotto spaventato si alzò in piedi di scatto e cominciò a saltellare sul piede sano urlando: “Allontana da me quello strumento mortale, mago malefico”. Così in mutande scappò inseguito da Sancio e dal dottore che tentavano inutilmente di fermarlo mentre tutti i pazienti si scompisciavano dalle risate pensando che fosse pazzo e forse lo era davvero: può un uomo solo combattere contro tutto il male del mondo?

 

Gli alunni di 1^B