L’aria fresca e pungente del mattino è sempre piacevole da sentire, almeno per me. Provoca quei piccoli e inaspettati brividi che obbligano a stringersi nel giaccone, in cerca di calore.
Così, mentre sistemo il cappello da marinaio che ho in testa, mi dirigo a grandi passi verso la “Isabella II”, una caravella creata in onore della nostra regina. Questa nave porterà i miei compagni e me in viaggio verso le Indie, un luogo grazie al quale i sovrani potranno arricchire se stessi e il popolo, impoverito da brevi lotte interne.
Intorno a me si respira un’aria frizzantina, che è accompagnata dal solito e a volte nauseante odore di pesce.
Al porto c’è sempre un’atmosfera di festa e, talvolta, di scontro (tra i mercanti che discutono sulla merce da vendere e non).
I marinai urlano parole alle persone per incoraggiarle a comprare la loro merce.
I bambini si nascondono impauriti dietro alle ampie gonne delle madri, che indossano abiti eleganti e portano complicate acconciature.
Raggiungo la “Isabella II” e la ammiro: il ponte è appena stato lucidato e le grandi vele combattono imponenti contro il vento, che soffia impetuoso da est, un vento che ci porterà fortuna.
Alcuni marinai stanno trasportando sulla nave una croce che verrà appesa nella camera del capitano.
Al timone vedo il solito, vecchio Will. Lo saluto lanciandogli un grido che lui ricambia con un cenno della mano.
Il vecchio Will è il più anziano del gruppo. Ha una cinquantina d’anni e tra i capelli castani, una volta biondi, si cominciano a notare dei ciuffi bianchi.
Il vecchio Will è nato e cresciuto sui ponti delle navi, diventando dapprima mozzo, poi marinaio e infine timoniere.
Nessuno nota una cosa molto importante in lui e nessuno riesce mai a crederci: il vecchio Will è cieco. Non si vede perché lui conosce le navi come fossero le sue tasche e cammina da una parte all’altra del ponte con infinita sicurezza. Da quello che si dice in giro, il vecchio Will non ha mai toccato terra.
Arriva il capitano e tutti smettono di dare importanza al loro lavoro e fanno un saluto tipico del posto.
Il capitano Thomas è una persona meravigliosa. È sempre di buon umore e tiene alto il morale del gruppo. Dà pacche sulle spalle a tutti, sorride persino ai mozzi e aiuta nei lavori di scarico.
Con il tipico cenno, che fa sempre a me, mi ordina di radunare il gruppo: è ora di partire.
Le onde si infrangono violentemente sulle pareti della nave mentre l’equipaggio si prepara a partire. L’ispettore regio guarda con convinzione davanti a sé, dopo aver lanciato un ultimo sguardo al porto di Cadice.
Ho sempre sognato fare parte di un equipaggio, provare il brivido dell’avventura.
Le navi mi hanno sempre attirata, sin da bambina. La prima volta che misi piede su una nave avevo quattro anni.
Mio padre faceva parte dell’equipaggio, era un carpentiere.
Mia madre era l’unica donna del gruppo, ma era ben rispettata da tutti, persino dal capitano.
Ora, invece, al suo posto ci sono io, un’esploratrice che deve ancora entrare in scena, ma sarò davvero in grado di affrontare un vero viaggio? Quanti pericoli ci sono nell’oceano?
Quanto coraggio avrò?
Faccio un respiro profondo e mi aggiungo alla squadra. Il tempo è già cambiato, i nuvoloni bianchi ora sono grigiastri. Il capitano fa un cenno al vecchio Will e la nave si stacca da terra.
Aurora Naso
Classe 2^E
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