Quest’anno abbiamo partecipato al concorso “Scrittori di classe” che aveva come tema lo sport. Non abbiamo vinto, ma come direbbe De Coubertin “l’importante è partecipare”.
UN’AMICIZIA SU DUE RUOTE
“Questa salita è al di sopra delle mie capacità, non posso farcela”, stavo quasi per fermarmi, ma poi mi sono voltato e ho visto Peter che con gli occhi mi incoraggiava, mi sono concentrato e ho pensato alla prima volta che feci quell’altra salita, la salita che mi svelò la mia passione per la bici, le mie abilità, il mio divertimento ma soprattutto il mio amico: Peter.
Quel giorno ero preoccupato di non arrivare in tempo alle lezioni e così presi una ripida scorciatoia. Diedi la prima pedalata e non mi sembrò più così ripida, arrivai a metà e cominciai a sentirmi mancare il fiato perciò mi fermai. Vidi dei ragazzi che si divertivano ad impennare e a saltare, per me era una cosa sciocca e pericolosa, ma loro si divertivano e questo era la cosa importante. Il giorno dopo uno di quei ragazzi stava pedalando a fatica su per la salita sbuffando, arrancando e sudando senza un minimo di stile, sembrava un gorilla arrabbiato. Io lo superai e mi sentii come se avessi vinto una gara. Miglioravo giorno dopo giorno. Dopo aver battuto Peter molte volte cominciai a sentirmi in colpa così andai da lui e gli chiesi se dopo la scuola voleva venire ad allenarsi con me. Ho scoperto che Peter ha un gran cuore ed è molto simpatico. Dopo scuola ci vedevamo sempre e percorrevamo lunghissime strade sterrate oppure giravamo per il paese. Ci piaceva sfidarci e se in salita vincevo sempre io, che sono piccolo e scattante, in pianura vinceva sempre Peter che è alto e potente. Eravamo sempre su un sellino e andare in bici era la nostra passione e man mano che pedalavamo le nostre gambe diventavano sempre più muscolose e robuste e le salite non ci sembravano più così faticose. In una bella giornata di primavera Peter mi confidò: “Sai, Filo, con questa bici mi sembra di volare un giorno spero di diventare un grande ciclista”. “Lo guardai dritto negli occhi: “È anche il mio sogno, mi piacerebbe partecipare al Giro d’Italia”. Da quel momento iniziammo ad allenarci seriamente, soprattutto nella resistenza e negli scatti. Davamo il meglio di noi, volevamo diventare a tutti i costi ciclisti. Un pomeriggio io e Peter uscimmo per allenarci appena dopo pranzo e tornammo alle 19.30: non avevamo svolto nemmeno i compiti e così arrivò il cinque in matematica e la punizione dei nostri genitori: saremmo stati in castigo senza poter uscire per due settimane. Era terribile: avremmo perso tutti i risultati raggiunti con tanta fatica. A metà della prima settimana di agonia io e Peter decidemmo di parlare con i nostri genitori quella sera stessa. Mi ero preparato mentalmente il discorso e le risposte a tutte le loro obiezioni. Inizialmente mamma e papà si alzarono in piedi pronti al combattimento e si misero a strillare: “Tu, che non hai fatto il tuo dovere, ora vieni da noi a chiederci di sospendere la giusta punizione. Giammai!”. Poi però scendemmo a patti: avremmo potuto correre in bici per almeno due ore al giorno, ma solo dopo aver svolto tutti i compiti e se avessimo preso brutti voti l’accordo sarebbe saltato.
Poi arrivò quel giorno, durante una gara vedemmo la persona che fece quasi sparire la nostra amicizia: l’allenatore della squadra italiana di ciclismo junior. Un giorno mentre correvamo come sempre in bicicletta un signore che ci aveva osservati per tutto il tempo ci interruppe: “Ciao, ragazzi. Io sono il signor Smith, uno scopritore di talenti che cerca appassionati di ciclismo. Vi dovrete allenare molto se volete intraprendere questo percorso, ma potrò portare con me nella squadra italiana di ciclismo junior solo uno di voi due.”. Da quel giorno io e Peter ci allenavamo ognuno per conto nostro perché entrambi volevamo vincere. Dopo settimane di duro allenamento finalmente arrivò il giorno della gara. Eravamo entrambi sulla linea di partenza pronti a dare il massimo. Al fischio partimmo come dei fulmini. Procedevamo entrambi alla stessa velocità. A volte io ero davanti a Peter, a volte il contrario. Eravamo bravi entrambi, ma uno solo di noi poteva vincere e dovevo essere io, Filo. Eravamo davanti al traguardo, mancavano ormai pochi metri…Peter inciampò in un sassolino minuscolo, perse l’equilibrio e cadde dalla bici. Rotolò giù dal monte mentre la sua bici si disintegrò sulle rocce. Mi voltai e vidi il mio amico a terra in mezzo alla strada. Frenai di colpo con tutta la mia forza prima di tagliare il traguardo e vincere la gara e rividi mentalmente tutte le avventure passate insieme. Mi ricordai con un sorriso di quella volta in cui andammo in campagna e vedemmo delle succose ciliegie rosse. Senza esitare scendemmo dalle bici e poiché l’albero non era abbastanza robusto per reggere il nostro peso Peter ebbe un’idea geniale: cominciammo a sbattere con la bici contro il tronco dell’albero per farle cadere e così ci riempimmo la pancia e le tasche. Poi ci venne in mente che forse l’albero era di qualcuno e inforcate le bici ci precipitammo a casa. Anche questa volta non esitai, scesi dalla bici e andai incontro a Peter, lo presi sotto l’ascella e gli dissi: “Peter, perché stiamo facendo tutto questo? Non voglio perdere un amico così prezioso”. Peter annuì ed insieme andammo a tagliare il traguardo non come concorrenti ma come veri amici. “Non me ne importa nulla della squadra” gridai al signor Smith “è più importante divertirsi insieme agli amici”. Poi mi rivolsi al mio amico: “Peter, perché stiamo facendo tutto questo? Non voglio perdere un amico così prezioso”. Lui annuì dolorante e subito dopo svenne. “Domattina verrò a trovarlo” brontolò il signor Smith e si allontanò con le mani in tasca. Io intesi a malapena le sue parole, continuavo a stringere la mano di Peter, avevo paura di perderlo per sempre.
Il giorno dopo in ospedale Peter aprì gli occhi a fatica e cercò di mettersi a sedere, ma un dolore lancinante alla spalla e alla schiena glielo impedì. Mi alzai dalla poltrona di pelle marrone nell’angolo della stanza che ormai aveva preso la mia forma: “Oh menomale, pensavo che non ti saresti più svegliato!” esclamai. “Grazie” sussurrò Filo con la bocca impastata “avresti potuto lasciarmi lì, vincere e realizzare il tuo sogno, ma non lo hai fatto e te ne sarò per sempre grato”. In quel momento si aprì la porta ed entrò il Signor Smith. Lo guardai di traverso, ma lui ignorò il mio sguardo, si avvicinò al lettino di ferro di Peter e pronunciò pacatamente le seguenti parole: “Ragazzi, ho capito che voi due non potete essere separati, la vostra amicizia è il vostro punto di forza: vi voglio entrambi nella mia squadra”. Peter per almeno un mese non poteva toccare i pedali, ma io cominciai subito gli allenamenti con gli altri della squadra. Finalmente un giorno lo vidi arrivare agli allenamenti sulla sua bici e il cuore mi si riempì di gioia. Si affiancò a me e sorridendo mi disse: “Ehi Filo, siamo qui per vincere ma soprattutto per divertirci”.
E ora mi trovo sul podio più alto ad alzare la coppa delle regionali assieme alla mia squadra e soprattutto al mio amico Peter.
Classe III B
Sito realizzato e distribuito da Porte Aperte sul Web, Comunità di pratica per l'accessibilità dei siti scolastici, nell'ambito del Progetto "Un CMS per la scuola" - USR Lombardia.
Il modello di sito è rilasciato sotto licenza Attribuzione-Non commerciale-Condividi allo stesso modo 3.0 Unported di Creative Commons.