Antonietto era un bambino alquanto strano. Con i capelli color arancione mandarino che si ritrovava, suo nonno faceva fatica a riconoscerlo tra le carote del suo orto.
Antonietto aveva gli occhi chiari, ma talmente chiari che, quando indossava i suoi enormi occhialoni da vista color verde fosforescente, cioè sempre, sembrava non avere capacità visive.
Il bimbo era basso, molto basso, non sembrava avere l’età di 10 anni.
Ad Antonietto piaceva il colore fucsia. Tutto nella sua camera era di colore fucsia: le lenzuola, la scrivania, la sedia e le tendine della finestra. Antonietto aveva obbligato anche il suo grasso gatto Gino a vestirsi di fucsia. Il bimbo aveva dipinto anche le unghie del micio di quel colore.
Antonietto era appassionato di tecnologia. Il salottino della casetta dove abitavano il bambino e i suoi nonni era completamente occupato da apparecchi tecnologici: due televisioni (una delle quali era appesa al muro), una playstation, due cellulari, un telefono fisso e due computer (uno grande e uno piccolo). La nonna era costretta a cucire sedendosi su una delle due televisioni. Antonietto se ne lamentava sempre, al punto che la nonna dovette mettersi a sedere sugli scalini d’ingresso.
Quel giorno Antonietto si era svegliato di buon umore, pronto a riprendere il gioco che aveva dovuto smettere di utilizzare la sera prima, dato che la batteria dei telecomandi si era scaricata. Quando raggiunse la nonna in cucina, ella lanciò un grido disumano, indicando spaventata Antonietto. Lui, a sua volta, si indicò spaventato e, dopo minuti interminabili di grida, il nonno li raggiunse correndo. Dopo una lunga spiegazione a gesti, fatta dalla nonna, il nonno capì e si mise ad urlare anche lui. Con un sospiro frustrato il bambino raggiunse il bagno e si guardò allo specchio. Sulla punta del naso aguzzo di Antonietto si stagliava un enorme brufolo rosso, prossimo a scoppiare. I nonni costrinsero Antonietto ad andare dal medico, che tranquillizzò la nonna. Ella era sicura del fatto che suo nipote stesse per morire.
Un’altra volta accadde che il grasso gatto Gino stette male. Vomitò sul cellulare di Antonietto, che in un primo momento volle strozzarlo, poi ci ripensò e decise di portarlo dal veterinario. Quel giorno i nonni del bambino erano partiti per andare a trovare zia Emilia, che si era sentita male, quindi Antonietto non ebbe la comodità di un viaggio in macchina. Si arrangiò con una carriola ed un ciuccio. Infilò il gatto nella carriola e gli mise in bocca il ciuccio. Almeno, a parer di Antonietto, non avrebbe vomitato. Si sbagliava. Le scarpe nuove e bianche del bambino assunsero un colore giallastro, molto carino secondo le bambine che lo osservavano. Il viso di Antonietto diventò dello stesso colore dei suoi capelli.
Un’altra volta ancora Antonietto fece una figuraccia con la bambina di cui era innamorato. La invitò a fare una merenda a casa sua. Il pomeriggio non si concluse ottimamente: Antonietto bruciò i muffin che stava cucinando, la bambina per poco non morì strozzata a causa dei biscotti particolarmente friabili che le aveva offerto il bambino, il grasso gatto Gino vomitò sulle ballerine rosa della bimba e Antonietto mandò a fuoco la cucina. La bambina non si fece mai più vedere.
Aurora Naso
classe 2^E
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